sabato 8 dicembre 2007

Il tempo


Ieri c'eri
e dentro di me tutto era ordinato
come dentro ai tuoi cassetti profumati

Oggi non ci sei più
e il mio cuore come uno specchio rotto
riflette la tua immagine ovunque

Domani verrà
portandosi via il mio dolore
come il calare lento della marea.

Dedicato a chi non c'è più


Il freddo entra dalla finestra,
il freddo del natale
pungente, duro,
senza pietà.
Il vento si oppone alla
chiusura, no, non entrare,
ti prego no!
Non voglio un'altra volta,
non voglio.
Fa troppo freddo qui,
la notte di natale.

martedì 4 dicembre 2007

Amor, ch'a nullo amato amar perdona


"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e l'modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer si forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense.

Queste parole da lor ci fuor porte. "

Dante Alighieri Inferno V Canto

mercoledì 14 novembre 2007

ANGELO NERO

- Ieri mi è morto un bimbo di sei mesi tra le braccia…-
Mi girai verso la ragazza sconosciuta affianco a me. Stavamo entrambe appoggiate ad un parapetto di cemento, fumando.
-Si, sai, così piccolo non mi era mai capitato. -
- Ma, com'è successo?-
-Stava giocando con il padre, all'improvviso ha cominciato a vomitare, è diventato bianco e si è fermato il cuore.
Il fumo delle sigarette faceva degli strani disegni nell'aria tersa del mattino.
- Ma stava già male?-
- Aveva avuto un intervento al cuore appena nato, ma era andato tutto bene dopo.-
- Uno si augura di non vivere mai queste cose!-
Un orrendo luogo comune mi uscii da questa boccaccia!
- Quando ti succedono queste cose, te le porti dentro per un bel po', finché respiri, credo-
- Ma sei un medico?-
- No un'infermiera, lavoro a Tor Vergata, reparto Terapia Intensiva-
- Ah, capisco, ne vedrai di tutte i colori?!-
- Già, ma non questa.-
Dovrei tagliarmela questa lingua!
- Scusami lo sfogo, è stata una nottataccia, ma tu che ci fai qui sopra alle cinque del mattino?
- Sono insonne, per non mettermi a guardare la tele, o a stirare, vengo quassù e ammiro il panorama. E' bello!
- E tu?-
- Ho fatto la notte, stavo rientrando a casa, abito al terzo piano-
- Io all'ultimo e non ci siamo mai incontrate!-
- Hai una bella vista anche da lì?-
Per la prima volta mi sorrise.
- Si, ma da casa non è la stessa cosa e poi rischio di svegliare i bambini!
- Sei sposata, hai figli?-
Cominciavo a sentire un po' di freddo.
- Si…- Rispose
-Quel bambino era mio figlio, è morto questa notte.-
Il freddo fu totale.
- Io scendo un attimo a prendere un plaid.-
- Va bene -
M'incamminai verso la porta del lucernaio.
-Ne vuoi uno pure te?-
Mi guardai intorno, sparita. Fissai lo sguardo alla balaustra di cemento.
-Senti freddo anche tu, vero?-

giovedì 8 novembre 2007

IL BIVIO

Breve racconto di Daniela Rindi

Introduzione

Se avete letto "Lettere ad un bambino mai nato" di O. Fallaci sapete che quello che si poteva scrivere sulla gravidanza: la dolce attesa, la gioia, le paure, i sogni e gli incubi, le aspettative, le proiezioni, le delusioni, le accuse, il rapporto con il partner, il confronto con il mondo, il lavoro, le priorità, l'egoismo, la codardia, il coraggio, il monologo con se stessi, la conseguente solitudine, la presa di coscienza delle proprie fragilità, come della forza, l'esigenza di fare una scelta, il futuro, le reazioni degli altri, le proprie… è già stato scritto grandiosamente e non si può aggiungere niente...se non il "dopo". Qui entra in gioco l'esperienza individuale, diversa per tutte, si fa riferimento alla propria educazione, ai propri padri, alle madri, o matrigne, al proprio cammino e ci si trova , ad un certo punto, davanti ad una possibilità di svolta, ad uno "sliding doors" ...Allora che succede alla madre- donna che mette in discussione la sua maternità e le sue scelte, intravedendo un'altra strada, un'altra vita…? Forse, ad un certo punto, si troverà davanti ad un…..
BIVIO


Nel quartiere di questa piccola, estranea, città fascista, solo nello stile architettonico, naturalmente, esiste un'unica strada, delimitata da due marciapiedi. Sul lato sinistro c'è una scuola fatiscente: due grossi cubi di cemento, collegati da un lungo ed illuminato corridoio vetrato. All'interno si tengono lezioni di musica serali per i bambini, attività vitale e gioconda. Ogni giovedì accompagno mia figlia a lezione e oggi è giovedì. Veniamo accolte dall' insegnante, una donna giovanile sui trentacinque anni, ex obesa, con i segni della sua vittoria contro il grasso sul viso, sempre sorridente, con quell'aria ingenua e rassicurante, una via di mezzo tra una Ci-Ellina e una collegiale. I suoi modi sono, istintivamente, educati e gentili, da vera mangiabambini! Scambio due chiacchiere con lei, convenevoli. Bisogna dare importanza al suo duro lavoro, se nò come giustificarsi i trenta euro che chiede a lezione! In fondo sono una persona sensibile, che toglie sempre dall'imbarazzo, tenta di mettere a posto la coscienza propria e altrui e di dormire sogni tranquilli. Intorno è tutto in ordine e pulito. I libri di musica sul piano, gli strumenti sulla scrivania e lo stereo in posizione. Fa pure molto caldo, perché i termosifoni sono stati lasciati accesi per i bambini. Ogni cosa è chiara qui, tutto è assolutamente perfetto. Lascio l'aula. In tasca ho un bel gruzzolo di caramelle. Compiaciuta di me stessa, certa di star facendo la cosa giusta, sicura d'essere proprio una brava madre, esco in strada. Sul marciapiede di fronte, un piccolo bar con l'insegna al neon: il "Club delle Palme". Le luci dei lampioni illuminano il suo ingresso. Mentre sto aspettando che esca mia figlia dalla scuola, decido di entrare in questo bar. Ne sono attratta come una calamita. Dentro un uomo sui cinquant'anni seduto al tavolo, che fuma nonostante il divieto, pelato, con faccia arcigna e arrogante. Mi ricorda un po' un mio ex fidanzato, è stato arrestato, era un brigatista. Da come impartisce gli ordini al barista capisco essere il proprietario. Il barista, giovane forse trent'anni, indossa un paio d'occhiali neri. Strano, penso, con tutto questo sole? Mi guardo intorno, nel bar c'è un tentativo d'allestimento natalizio in un angolo: per terra una carta d'alluminio rossa con sopra un panettone e due bottiglie di pessimo spumante. Il tutto spruzzato di neve finta, che invece di decorare, sporca. Chiedo un caffè macchiato, anche se a quest'ora tarda mi dà un po' di voltastomaco. Sussurrando il giovane, grasso, barista, orbo, mi chiede come lo voglio. "Che cosa?", "il caffè" risponde, "chiaramente il caffè!". La battuta è sufficiente e vado a sedermi ad un tavolo Entrano altri due uomini sulla cinquantina, entrambi in tuta verde. Deve esserci qualche fabbrica qui intorno e forse questo è il suo dopolavoro, deduco, tentando di mascherare il fastidio causato dal barista che non mi toglie gli occhiali di dosso. I due ordinano due vodka. A quest'ora? Penso. Stasera che faranno in famiglia? I bastardi! Il barista gli domanda se da un euro e cinquanta o da due. Rispondono quasi in coro, "ma diamine da due, no?!". Prende i bicchieri, secondo me enormi per la vodka, e li riempie fino all'orlo. Entra un altro uomo, sui quarant'anni, ben vestito, in giacca scura e jeans e chiede anche lui un caffè. Mi vede e fa una smorfia. Rispondo con un sorrisetto, il tempo di decidere e annuisco con la testa. Mi avvicino al bancone e chiedo al barista la chiave del bagno. L'uomo sulla quarantina mi segue… Torno, pago, senza guardare nessuno, aggiungo un cioccolatino al conto e lascio il bar. In tasca ho un bel gruzzolo di banconote. Compiaciuta di me stessa, certa di star facendo la cosa giusta, sicura d'essere proprio una brava puttana, esco in strada. Cammino al centro della via deserta, fa molto freddo e infilo le mani in tasca… le caramelle e i soldi!

mercoledì 7 novembre 2007

STAI LONTANO DA ME

Nota dell'autrice

Non c'è la presunzione di scrivere un saggio, né un trattato di filosofia e neanche di sostenere temi alla giovane Werther. E' già stato scritto tutto, il meglio della letteratura. Ma c'è bisogno di questo, di questo scritto e di questo scrivere. Il motivo? Siamo tutti strumenti, siamo strumenti di Dio, o se preferite, dell' Energia Universale. Attraverso il nostro nevrotico "gettar" pensieri su carta, Lui ci fa capire chi siamo, di cosa siamo fatti e mostra lentamente i suoi "Disegni" In questo scritto c'è la curiosità d'Elisa di viaggiare nei meandri della sua mente, di darsi delle risposte, di cercare di riavvolgere la matassa della sua esistenza, di comprenderne il suo significato più profondo e chissà forse di riuscire a viverla solo con un po' più di sicurezza e di serenità. Solo una sequenza di pensieri e di riflessioni messi su carta, che altrimenti fluttuano indisturbati nella sua mente a tutte le ore del giorno e della notte. Tutto questo affrontando un argomento alla volta: la morte, la solitudine, la paura, l'amore, esperienze e stati d'animo comuni a tutti gli esseri umani, ma vissuti attraverso Elisa, una donna come tante con una seria propensione a vivere, non senza un po' d'ironia. Questo libro è scritto con il cuore.

Daniela Rindi


Capitolo uno

Chi è Elisa

Elisa è una donna di 42 anni, con due figlie, Sara di cinque anni e Giulia di
10, sposata con un uomo, Matteo, non con un marito che è una parola che le
sta tanto odiosa. Richiama subito un cliché. Quando si dice "ti presento mia
moglie o mio marito" ti appaiono subito degli stereotipi. Immagini il marito un
gran lavoratore, che porta lo stipendio a casa, che ritorna la sera esausto e
che non vuole essere disturbato dai figli per vedere il telegiornale in pace (ma
questo non è molto diverso dall'uomo d'Elisa!). Per moglie s'intende una
casalinga, frustrata nei lavori di casa e presa dai figli senza avere mai tempo
per se stessa, che cammina e vive a testa bassa, per rialzarla ormai solo
quando sarà troppo tardi per tutto (e questo non è molto diverso per Elisa!).
Quanto è bello invece presentarsi agli altri e dire " questo è il mio

uomo…questa è la mia donna". Come suona tutto più passionale, più
misterioso, più complice, più posseduto, più vero. Non c'è però da
meravigliarsi tanto, viviamo in una realtà dove tutto è banalizzato, etichettato,
semplicemente strumentalizzato. Ma queste cose le sapete, solo che alla fine
sembra che tutti, chi più chi meno mirino solo ad uniformarsi, ad identificarsi,
ad omologarsi. E' da pazzi avere coscienza di questo e diabolico
perseverare! Pochi hanno il coraggio di vivere fuori dagli schemi e difendere i
propri principi così diseguali, così fuori dalle righe o dal seminato…se si vive
in campagna! Solo qualche vero artista lo fa e allora…che crepino gli artisti!
Inserita Elisa nel banale quadretto familiare andiamo oltre, perché la famiglia
tanto si racconterà da sola. Parliamo d'Elisa, la bell'Elisa che ha un piccolo
problema…sta cercando la felicità!



nota: vi aspetto per il secondo capitolo!!!

L'Ottavo Vizio Capitale


Nella religione Buddista vengono chiamate "Illusioni" da cui bisogna distaccarsi per purificare il proprio Karma e continuare a reincarnarsi in un altro essere umano e non animale, fino al raggiungimento, grazie alla pratica del Dharma, della completa Illuminazione. Nella religione cattolica sono "Vizi Capitali", da cui dobbiamo rifuggire se non vogliamo vivere all'Inferno la nostra eternità che, invece, seguendo i precetti della chiesa, dovremmo poterla trascorrere tranquillamente in Paradiso. Questi sono:



Ira (lasciarsi facilmente andare alla collera)
Accidia (la pigrizia, l'ozio, la poca voglia di fare, ma in origine indicava l'apatia, il disinteresse verso gli altri e verso la vita)
Lussuria (chi è dedito e succube dei rapporti sessuali)
Avarizia (mancanza di generosità, colui che è taccagno, ma in origine indicava la tendenza all'accumulo eccessivo ed ingiustificato, la tesaurizzazione)
Gola (chi si abbandona ed eccede nei piaceri della tavola)
Invidia (desiderio malsano verso chi possiede qualità, beni o situazioni migliori delle proprie)
Superbia (colui che si erge in netta superiorità rispetto agli altri, facendo pesare la propria situazione di rilievo)



Naturalmente per me non sono tutti.


Ne manca uno, il più importante, perché il più terribile, capace di scatenare tutti gli altri sette, spesso tutti insieme! L'ottavo vizio capitale è l'Amore, quel tremendo sentimento incontrollabile, che si scatena nei momenti più impensati, che ti fa rincretinire, diventare un altro, perdere il controllo, che ti fa fare le cose più improbabili e folli, che ti scatena la lussuria, per prima, poi l'invidia, l'ira, ti solletica la superbia, l'accidia, l'avarizia quando ci litighi, a volte la gola perché sei troppo felice o troppo triste, insomma un sentimento, un vizio che ti riduce in cenere, come ha ridotto la città di Troia per colpa poi dell'amore tra Paride e la bella Elena!


martedì 6 novembre 2007

la giostra, l'enigma, il nulla, stato di grazia, il sogno


La giostra


Il mondo gira e gira
e fa un altro giro di giostra

c'è da perdere la testa
tra luci e rumori

canzoni, voci, risate
sonore e vere

un altro giro, un'altra corsa
in un giro senza fine

le immagini si offuscano
ubriache di gioia

ridi e vivi perché sei vivo
perché ti è dato

senza saperlo di poter fare
in silenzio, un altro giro di giostra.



L'enigma


Nel pensiero di te dimentico me
dimentico la mia realtà
dimentico chi sono e chi ero.

Dimentico la vita che ho generato
dimentico la vita che ho sposato
dimentico chi sono diventata,

ma sbaglio perché…
Non sono mai stata così me stessa
come adesso,

così certa di ciò che mi appartiene
così sicura dei miei amori
così lucida nei miei pensieri

Se c'e una qualche incertezza
che mette dubbio alle mie certezze,
sta nell'avere tutte queste incertezze.




Il nulla


Mi muovo nella vita portata avanti dagli eventi
fluttuando in un mare profondo

C'è poca gioia intorno a me
e mi sento sola
persa nel tempo della tua assenza


Stato di Grazia


Socchiudo le palpebre e ti vedo…

perché non posso più vederti ad occhi aperti.

Il sogno


Come un brutto sogno
che non finisce mai,
vivo il tuo ricordo.

Come un bel sogno interrotto,
muore l'inganno della tua esistenza.





La "Vera" Sindrome di Cenerentola


Breve racconto di Daniela Rindi

Introduzione

Nel crescere ed educare i propri figli bisogna fare delle scelte: che scuole fare, quale ambienti frequentare, gli amici, le attività extrascolastiche, lo sport, il tempo libero, i fidanzati… per indirizzare e dare degli imput positivi. Le favole hanno contribuito, inconsciamente e non, a creare nella psiche di una futura giovane donna, nelle nostre figlie, dinamiche "programmate". Queste sono poco evidenti, ma creano grandi problemi, come potete leggere in…

La "Vera Sindrome di Cenerentola"

Tutti noi conosciamo la favola di Cenerentola, la storia di una bellissima ragazza povera, non amata dalla sua matrigna, una ricca nobildonna con due figlie acide che, costretta a fare la serva, sogna l'arrivo del bel Principe Azzurro con il suo destriero bianco, che la riscatta da una vita di sacrifici e umiliazioni e la fa vivere per sempre felice e contenta. La psicologia comune definisce quindi, la ricerca affannosa di un uomo bello, ricco e forte, delle ragazze d'oggi e di ieri, come Sindrome di Cenerentola. Una ragazza, per quanta istruzione, indipendenza materiale e spirituale possa avere, guardandosi in giro, in cerca di un uomo, un fidanzato, mossa dalla sua fisiologica tempesta ormonale, sarebbe invece guidata, secondo la moderna interpretazione della favola, da una patologia vera e propria. Potrebbe essere, anche se trovo questa relazione assai discutibile, ma non è questo di cui voglio argomentare.

La favola continua con l'intervento di una Fata (apparentemente) buona, che presa a compassione, dà a Cenerentola la possibilità di conquistare il Principe Azzurro, trasformando i suoi vecchi stracci in un sontuosissimo vestito, completo di scarpette di vetro, i topi con cui condivideva la soffitta, in bellissimi cavalli bianchi e una banale zucca, in una principesca carrozza dorata. Fin qui tutto bene, l'autore…. mostra una gran fantasia e immaginazione. La storia continua con la Fata che, eseguita la spettacolare magia e accontentata Cenerentola, pone il suo dictat: "Tutto questo sarà tuo, potrai incontrare e far innamorare di te il Principe, ma solo fino a Mezzanotte, dopo di che, dovrai rientrare a casa, perché l'incantesimo finirà e tutto tornerà come prima!"

A questo punto della favola ho capito qual è sempre stata la Vera Sindrome di Cenerentola, quello che ha realmente tormentato intere generazioni di bambine prima, giovani donne dopo e che continuerà a farlo, fino a che non si prenderà collettivamente consapevolezza del messaggio subliminale insinuato nella favola. La Vera Sindrome è la Mezzanotte, è il limite, è il dictat, che se non rispettato fa decadere tutti i privilegi, la fiducia, la libertà, ti fa tornare prigioniera, schiava del tuo mondo, visibile per quello che sei veramente. Una giovane donna ha, sì il permesso di poter uscire la sera, di potersi fare bella, di sfoggiare il suo vestito migliore, di usare la lussuosa macchina di papà, ma deve rientrare presto, perché altrimenti rischia di diventare una poco di buono, un'inaffidabile, una persona irresponsabile, che disubbidisce agli ordini, capace di mettersi nei guai. Mancando quest'appuntamento, viene a decadere la fiducia del genitore e , di conseguenza, molti altri privilegi, tra i quali quello più importante, di vivere credendosi una vera principessa. E' il limite sociale imposto alla donna da sempre, mascherato dalla falsamente amorevole esigenza di protezione dell'uomo, creato solo per limitarne la libertà e perpetrare la sua sottomissione. Il limite dell'orario le fa vivere con ansia tutta la serata, le fa sentire di vivere una favola a tempo, tra poco finirà e tutto tornerà nella banalità e nella noia del quotidiano! Quanto corre per rispettare questa mezzanotte, quanto si affanna per rientrare in orario, per non perdere il privilegio, anche se per poche ore, di sentirsi diversa, una donna autonoma, bella e importante come una principessa!
Nella favola anche Cenerentola, allo scoccare della mezzanotte, corre come una disperata giù dalla scalinata, terrorizzata di mostrare se stessa e la vera vita che conduce, tanto da perdere persino una scarpetta. La scarpa è simbolica, è una traccia di se, un numero di cellulare, un regalo, una sciarpa dimenticata, per essere cercata e ritrovata in seguito.

La favola rappresenta, quindi, una sindrome ben più grave. Le giovani ragazze mancano fondamentalmente di sicurezza e fiducia di se, ma non è solo una questione di crescita. L'evoluzione interiore di una giovane donna non avviene solo compiendo gli anni, con questo magari invecchia, ma con la libertà di vivere se stessa, con lo spazio e il tempo che le sono concessi. Una Fata buona è un genitore che insegna a vivere con consapevolezza e secondo la propria coscienza, altrimenti è una Fata "apparentemente" buona. Io, come donna, mi ritengo fortunata perché ho potuto godere dell'illuminazione delle mie Fate buone, che fortunatamente, da bambina non mi hanno mai letto la favola di Cenerentola.

vivere ardendo e non sentire il male


Non sempre...è così. Il male ardendo si sente eccome! Questa frase, per rispondere a un commento, è di Gaspara Stampa, una delle prime scrittrici donna della storia, riconosciuta tale.

Sempre caro mi fu...


... perchè è lì che vivo, nella campagna pontina, immersa nel verde! Ho un marito, due figlie, 6 cani e un gatto. Volevo avere più tempo per me, per scrivere e l'ho trovato, certo costa sacrificio, perchè generalmente è la notte o la mattina presto, con la sveglia inesorabile all'alba, ma si può fare, perchè devo realizzare un mio sogno!